UNA MORTE VERTICALE

di | 30 de Novembre de 2012

Il 31 agosto 1941 Marina Cvetaeva
si impiccava nella camera della pensione che aveva affittato con il figlio a Elabuga.

Se ne andò una delle voci più alte della poesia russa
del Novecento.

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Nella sua breve e intensa vita dedicata all’amore e alla passione, la Cvetaeva ha sfidato le leggi e la misura degli uomini, rispondendo solo al richiamo della poesia. Settanta anni dopo la sua morte, la passione che permea i suoi versi ed è condizione di esistenza dell’emergere del conflitto cruciale tra esistenza, mondo e Storia, è una fiamma che ancora brucia viva, e ci restituisce una delle più tragiche e amare visioni del Novecento.

Una morte verticale, in una domenica d’estate del 1941, quella di Marina Cvetaeva, perché la verticalità di chi vive si eleva contro l’orizzontalità della morte: un segno fondamentale della dignità e di una mente che non si sottomette alle leggi degli uomini. Orgogliosa, sempre, anche nel chiedere aiuto per mettere insieme almeno un pasto al giorno, Marina non piega le ginocchia nemmeno di fronte al suo passo estremo, al volo agognato e temuto, e compie il suo cammino di passione fino in fondo.

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“io sono nata condannata”, ad amare e a star male, ad essere amata solo da lontano, nell’aria, dove non si vive.”

“Vivere vuol dire tagliare e infallibilmente sbagliare e poi rattoppare – e nulla tiene (e nulla ti appartiene, e non si tiene più a nulla…).
Ogni volta che cerco di vivere mi sento una misera sartina che non confezionerà mai niente di bello, che riesce soltanto a far guasti e ferirsi, e che lasciando all’improvviso tutto – forbici, pezze, rocchetto – si mette a cantare. Davanti a una finestra dietro la quale piove in eterno”.

“È l’anima che si vendica ritirandosi da voi… ed eccovi ora nudo come una spiaggia con i resti della mia marea – zoccoli, assi, tappi, frantumi, pietruzze – le mie poesie, con cui giocate come il bambino che voi siete. È l’anima che si vendica, accecandomi fino a farmi dimenticare i vostri tratti, illuminando quelli reali, che non avrei mai amato”.

Una parte del testo tratto da un articolo:
Marina Cvetaeva – Le notti fiorentine
Titolo originale:Neuf lettres avec une dixième retenue

DA :WUZ -CULTURA E SPETTACOLO