ENSAIO SOBRE A LUCIDEZ

di | 28 de Settembre de 2013

Saggio sulla lucidità
(titolo originale, in lingua portoghese: Ensaio sobre a Lucidez)
è un romanzo dello scrittore e premio Nobel
per la letteratura portoghese José Saramago,
edito nel 2004.
È una sorta di seguito del romanzo Cecità (Ensaio sobre a Cegueira, che gli valse il Nobel nel 1998) del 1995, in quanto accomunato a questo dalla presenza di alcuni personaggi.

Stile e tematiche -In questa opera, come in altre opere di Saramago, viene utilizzato uno stile che prevede l’assenza di nomi propri per i personaggi, identificati tramite espressioni impersonali (come il commissario, l’agente di seconda classe, la moglie del medico, e così via). I dialoghi non sono introdotti dai due punti, né vengono utilizzate le virgolette. I dialoghi vedono le frasi dei vari partecipanti separate da una virgola, seguita da una parola che inizia con una lettera maiuscola.

« Venne ad aprire la moglie del medico, che domandò, Chi siete, che volete, Siamo agenti di polizia »

(Un esempio di come si svolgono i dialoghi nell’opera)

Una tematica ricorrente nel libro è quella dell’arroganza del potere, che Saramago mette molto in risalto, nei rapporti tra i vari esponenti del governo, in quelli tra il governo e il popolo, in quelli tra i vari livelli di governo (il ministro dell’interno e il sindaco della città), nei rapporti tra il ministro dell’interno e il commissario, nei rapporti tra il commissario e i suoi sottoposti. Altro tema è quello delle bugie degli esponenti del governo, che mettono in piedi un autoattentato (alla metropolitana) e fanno uccidere il commissario, salvo poi elevare questo a “eroe della patria” per guadagnare voti.

Da Wikipedia, l’enciclopedia libera.

TRAMA:I risultati delle elezioni amministrative in una capitale senza nome di un paese, anch’esso senza nome, mostrano l’insolita preferenza dei cittadini (oltre il 70%) per le schede bianche. Il governo del paese, retto da un non meglio specificato p.d.d. (partito di destra), che si contende il potere con il p.d.m. (partito di mezzo) e il minoritario p.d.s. (partito di sinistra), decide di far spiare i cittadini dalla polizia e di indire nuove elezioni, annullando le precedenti. Nonostante i metodi molto duri e repressivi, la polizia non riesce a scoprire nulla di nuovo, non c’è nessuna traccia dell’organizzazione criminale e sovversiva cercata dal governo, e le nuove elezioni danno un risultato ancora più sorprendente: l’83% delle schede scrutinate risulta essere composto da schede bianche.

Visti i pochi progressi delle indagini, il governo decide di auto-esiliarsi e di porre la capitale in stato d’assedio, ritirando ogni traccia delle istituzioni centrali, comprese le forze di polizia, eccetto per quel che riguarda elementi che hanno il compito di scoprire le cause di quanto avvenuto. Ben presto viene compiuto un attentato in una stazione della metropolitana, che lo stesso governo, nella persona del ministro dell’interno, ha ordito, ma la colpa viene addossata ai cosiddetti biancosi, cioè all’organizzazione sediziosa accusata dal governo di aver fatto votare scheda bianca alla grande maggioranza della popolazione della capitale.

In risposta a un lancio di volantini sulla città da parte del governo, una lettera giunge nelle mani del presidente della repubblica, del primo ministro e del ministro dell’interno. Un uomo, che si rivela essere il primo cieco, confessa di conoscere una donna che al tempo della “cecità bianca” di quattro anni prima, era stata l’unica a non perdere la vista e aveva anche ucciso un uomo. Effettivamente, in Cecità, la donna (denominata la moglie del medico) aveva ucciso un uomo, che, insieme ad altri ciechi, costringeva una parte delle persone internate dal governo in un ex manicomio a scambiare il cibo con rapporti sessuali. Il ministro dell’interno mette immediatamente in relazione la cecità dell’epoca e i risultati delle elezioni, sostenendo che la “colpevole” della sedizione non può che essere l’un